L’importanza dei sogni d’infanzia e la lotta per ritrovare lo straordinario dentro di noi.

i sogni d’infanzia

Da piccola pensavo che crescendo avrei potuto essere un pirata, avrei esplorato il mondo e vissuto avventure straordinarie.

Crescendo si scopre che lo straordinario è davvero poco, che l’ordinario è una continua lotta con se stessi per capirsi, per accettarsi e allo stesso tempo una continua lotta con gli altri, per farsi capire sperando di essere accettati, finché si arriva sfiniti al punto che non importa più, o perlomeno si vorrebbe fosse così.

Le bambole mi sono sembrate sempre troppo noiose, fasciate in vestiti leziosi e poco comodi, con espressioni inutili e senza alcun potere magico, nessuna dote o arma. Quando vedevo le altre bambine affaccendarsi attorno a mini-assi da stiro rosa, cullando i loro bambolotti, pretendendo di fargli bere il tè o fingendo di fare la spesa all’emporio, mi chiedevo come facessero a divertirsi e mi sentivo totalmente aliena. Mi piacevano i giocattoli per cui litigavano i maschi, i Power Rangers, le macchinine e i dinosauri.

Le bambine erano inesorabilmente ancorate alla realtà del focolare, sebbene simulata, mentre io sognavo mondi favolosi, viaggiavo su pianeti inesplorati, inventavo personaggi immaginari con poteri sovrannaturali. Ero una di loro. Un’eroina dei racconti fantastici, assolutamente fuori dall’ordinario.

C’è stata poi quella volta che all’asilo mi sono vestita da Superman per carnevale, l’unica bambina a scegliere un costume che non fosse da principessa o da fata, ero completamente fuori dallo schema, ero molto più alta di tutti gli altri bambini e la cosa era ancora più evidente vista dall’esterno, rendendomi in tutto e per tutto un outsider.

Perdersi crescendo

Non so cosa si sia perso nella crescita, l’immaginario, il sogno, i mondi inesplorati si sono notevolmente ridotti, lasciando spazio ad un realismo tendente al pessimismo. Le infinite possibilità, le avventure si sono tradotte in studio e lavori possibili, lo straordinario è stato sostituito da viaggi fattibili low budget.

Sono stata io stessa a emarginare quell’outsider, a dirle ripetutamente che dovevo tornare sulla Terra, omologarmi per far parte della società civile, per avere più amici, per costruirmi un futuro solido, che rispecchiasse le aspettative dei miei genitori che tanto avevano sacrificato per farmi crescere e farmi imparare.

Non si può fare tutto, non si può essere un pirata, bisogna tornare nella scatola perché lo straordinario o non esiste o è per pochi che possono permetterselo. Finiamo ad essere convinti che anche lo straordinario in noi è un bluff. E’ ora di farsene una ragione.

Già alle medie mi ero ridimensionata pensando che sarei potuta diventare giornalista, naturalista o esploratore. Alle superiori ormai avevo chiuso in cantina i giocattoli, i costumi, l’autostima era finita in fondo all’ultimo cassetto e avevo già deciso che non avrei potuto essere l’eroina di alcun racconto, forse solo un’avvocatessa alla ricerca della giustizia per chi aveva bisogno.

Essere socialmente accettabili

Mano a mano che ci si scontra con l’immane concretezza del mondo reale, dell’ambiente universitario ruvido e poco accogliente prima e poi della giungla dell’uomo mangia uomo che è il mondo del lavoro, ci si rende conto che tutti i sogni e le aspettative di bambini siamo stati noi stessi ad infrangerli. Li rompiamo come vetri e porcellane in un raptus di disperazione, sperando che nessuno si accorga che li avevamo. Nascondiamo i cocci sotto il tappeto o gli scaviamo una fossa profonda in giardino per mettere a tacere la nostra coscienza affranta nella disillusione. Ci rimprovera ogni giorno di non essere capaci di tener fede al nostro io più profondo, di aver perso la nostra lotta interiore per trovare lo straordinario che è in noi.

Sostituiamo i sogni d’infanzia con una moltitudine di momenti instagrammabili, di experience e di goodvibes; con le aspettative dei familiari, degli amici, del nostro paese e di quella che chiamiamo Società.

Ma la Società siamo noi, ogni singolo sognatore che ha rinunciato ad ascoltarsi, pensando fosse giusto e responsabile farlo. Applichiamo ad ogni pensiero un filtro di accettabilità sociale, chiamando successo il lavoro freelance strapagato full remote dalla spiaggia, per poi essere incapaci di smettere di lavorare anche in vacanza o di sforare le 8 ore tutti i giorni, provando un piacere perverso nell’esprimere a chi ci circonda quanto siamo impegnati e stressati.

Chiamiamo produttività il costante riempire i vuoti, riempire il silenzio di parole inutili, riempire la testa di liste da spuntare, riempire il tempo per poter dire di non averne. Tutto per seppellire l’essere autentico.

Ritrovare i propri sogni

Vorrei ripescare i miei sogni d’infanzia, vorrei avere la forza di essere un pirata. Bisogna lasciare la possibilità ai bambini di immaginare infiniti mondi e di credere di poterli vivere. Immaginare significa un giorno riuscire a creare, ma per questo serve una fede forte, mettere al riparo i vetri nell’età adulta o usare il super attack per i cocci. E togliere il bavaglio alla coscienza, quella che ci parla di chi siamo davvero nel profondo, principesse, fate, ninja, supereroi. Dell’universo straordinario dentro di noi.

Scopriremo poi che l’ordinario che siamo è in realtà eccezionale, perché fortemente immaginato, fortemente voluto e creato. Non finto, abbozzato, camuffato, non preso in prestito o copiato da altri, ma autentico e personalissimo, autodeterminato.

In ricordo di Michela Murgia

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *